Parmigiano Reggiano

 

 

Il Parmigiano Reggiano è prodotto esclusivamente nelle province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna a sinistra del fiume Reno e Mantova a destra del fiume Po: qui si concentrano gli allevamenti in cui le bovine vengono alimentate con foraggi prodotti in quest’area.

 

 

L’alimentazione degli animali è curata nel rispetto di un regolamento che impedisce l’uso di foraggi insilati, alimenti fermentati e farine di origine animale.

 

 

Il latte intero del mattino e quello scremato della sera precedente vengono versati nelle tipiche caldaie di rame a forma di campana rovesciata. Per ogni forma di Parmigiano Reggiano occorrono circa 550 litri di latte. La coagulazione del latte avviene lentamente e naturalmente grazie all’aggiunta di caglio e del siero innesto ottenuto dalla lavorazione del giorno precedente e ricco di fermenti lattici naturali.

 

 

 

 

La prima fase è quella del riscaldamento.

 

 

 

Durante la fase di riscaldamento si scalda lentamente il latte e viene aggiunto il siero innesto, ricco di fermenti lattici vivi ottenuti dal siero della lavorazione del latte del giorno precedente. Raggiunta la temperatura di 30°si aggiunge il caglio e lo si lascia riposare per 8/10 minuti circa affinché avvenga la coagulazione.

 

 

Il casaro procederà con il controllo della densità del coagulo e poi con la seconda fase, ossia con la spinatura.

 

 

La cagliata viene frammentata dal maestro casaro in minuscoli granuli grazie ad un antico attrezzo detto spino.

 

 

 

A questo punto si procede con la cottura a 55° per 10-12 minuti circa, durante la quale si procede a far perdere umidità ai granuli che andranno a depositarsi sul fondo della caldaia. Verranno poi lasciati riposare per circa 50 minuti in modo da far compattare la massa caseosa.

 

 

Dopo circa cinquanta minuti il casaro estrae con una pala di legno la cagliata e la avvolge in una tela di lino.

 

 

Questa viene poi tagliata in due parti.

 

 

 

 

 

Tagliato in due parti e avvolto nella tipica tela di lino, il formaggio viene immesso in una fascera che gli darà la sua forma definitiva.

 

 

 

Una speciale fascia marchiante incide sulla forma il mese e l’anno di produzione, il numero di matricola che contraddistingue il caseificio e l’inconfondibile scritta a puntini su tutta la circonferenza delle forme.

 

 

 

Le forme di giornata vengono girate due volte cambiando la tela per farle asciugare. La terza volta viene tolta la tela e inserita la fascia di plastica rilasciata dal Consorzio del Parmigiano Reggiano, che durante la notte imprimerà i puntini con la scritta Parmigiano Reggiano, il numero di matricola, il mese e l’anno di produzione, il bollo CE e la scritta DOP.

 

 

 

Dopo tre giorni le forme di Parmigiano Reggiano vengono introdotte in salamoia ed inzia la fase della stagionatura.

Le forme vengono caricate in gabbie di acciaio a 5 piani (per un totale di 20 forme), vengono sollevate automaticamente e immerse nella salamoia.

 

 

Soluzione di cloruro di sodio (sale) in acqua ad una concentrazione maggiore di quella dell’acqua salata (salinità superiore al 5%). La salamoia è usata per la salatura del Parmigiano Reggiano con l’immersione delle forme in apposite vasche per la durata di 18 giorni.

 

 

Nella vecchia struttura le forme galleggiavano nella salamoia, per cui dovevano essere girate manualmente dall’operatore per garantire il giusto assorbimento di sale.

 

 

Con la nuova modalità sono tenute “schiacciate” nella soluzione per cui non c’è bisogno di girarle. Si riduce in questo modo il tempo di salatura (18 contro 25 gg di prima).

 

 

Quella del Parmigiano Reggiano è una storia lunga, ma è anche una storia lenta, che scorre al naturale ritmo delle stagioni.

La stagionatura minima è infatti di 12 mesi, la più lunga tra tutti i formaggi Dop, ed è solo a quel punto che si potrà dire se ogni singola forma potrà conservare il nome che le è stato impresso all’origine e continuare così l’invecchiamento fino a 24, 36, 40 mesi e oltre.

 

 

Trascorsi 12 mesi, gli esperti del Consorzio controllano tutte le forme attraverso un esame chiamato “espertizzazione”: la forma viene percossa con il martelletto e l’orecchio attento dell’esperto battitore riconosce eventuali difetti interni che possono interferire con la qualità.

 

 

Le forme che risultano idonee vengono marchiate con l’apposito bollo a fuoco diventando così Parmigiano Reggiano. Alle forme che non presentano i requisiti della Dop vengono asportati i contrassegni e i marchi di riconoscimento.

 

 

 

L’esame di selezione identifica tre categorie di formaggio:

  • Parmigiano Reggiano “scelto”: il formaggio completamente conforme alle indicazioni del disciplinare di produzione. Viene contrassegnato con il bollo a fuoco.
  • Parmigiano Reggiano “mezzano”: il formaggio che presenta alcuni difetti di lieve o media entità nella struttura della pasta e/o sulla crosta, ma senza alterazioni delle caratteristiche organolettiche tipiche del prodotto. Viene contrassegnato con il bollo a fuoco, ma si distinguono grazie ai solchi paralleli che vengono indelebilmente tracciati sullo scalzo della forma.
  • Formaggio sbiancato: il formaggio che presenta difetti rilevanti viene dequalificato eliminando i marchi d’origine tramite fresatura della crosta (rimozione di alcuni millimetri). In tal modo, questo formaggio non può essere definito Parmigiano Reggiano e non può più avere alcun riferimento alla DOP.